La malattia di luglio

26.07.2013 17:27

 

Un raffreddore mi tappa il cervello, vorrei ficcarmi un imbuto nelle narici e spruzzare acqua a duemila atmosfere, inondarmi i canali e spazzare via tutto... allora si che respirerei.

E intanto fuori è estate il tempo si fa bello, le magliette perdono le maniche, i pantaloni si accorciano e più ci si scopre più la rabbia mi gonfia dentro.

Che fine fa l'innocenza?

Va sulla luna insieme agli amori, ai baci, alle promesse perdute!

È scema la rabbia, si incazza con la propria coda, come un cane impazzito dentro un recinto stretto; un'alternativa a questa rincorsa di follia è diventare felici ma prima bisogna diventare cenere, bisogna bruciare, applicare da soli il fuoco e questo non è facile.

Ma forse il capro espiatorio è Caligola, l'anarchia, incarnare l'idea stessa di potere assoluto, andare contro tutti, anche contro se stessi.

Un pensiero rock e al tempo stesso poetico. Il vero poeta è colui che incarna le parole che scrive e le parole che scrive sono la traduzione della sua filosofia di vita.

Pasolini era il Cristo della sua guerra, assumeva su di sé il contagio  di quella bufera d'infezione. Ed io sono qui davanti ad una canzone non finita: orribile e schifosa come il bacio da sempre desiderato, stonata come un notturno di Chopin, e allora vieni, andiamo a fare l'amore.

Il cielo comincia dalle nostre scarpe. Il mondo dai nostri pensieri. Mi permetto l'ultimo vaffanculo ai morti, io sono viva; vaffanculo ai Beatels ... certo Lennon... lui lo amo. Vaffanculo i fidanzamenti, adesso esco e bacio a caso chiunque abbia il colore rosso addosso, fosse un vecchio o un fascista del cazzo.

Tremo, ho gli occhi lucidi, mi gira la testa e mi sento cosi debole che la vita mi sembra tutta bella.

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